Storia della cornamusa scozzese

14.12.2022

Iniziamo dicendo che con il termine "cornamuse" si intende una grande famiglia di strumenti che conta al suo interno centinaia di esemplari, spesso anche molto diversi tra loro in base al periodo storico e al paese di appartenenza. Non volendo parlare di tutte le cornamuse esistenti al mondo, per ovvi motivi, prendiamo a esempio i due paesi che più ci interessano. In Italia, limitandoci agli strumenti ancora in uso, abbiamo il baghèt, la piva emiliana, la musa delle quattro province e la baga veneta, per non parlare di un nutrito numero di zampogne che, anche se non possono essere catalogate come cornamuse per motivi tecnici di cui magari vi parlerò in futuro, condividono con queste l'origine e il principio di funzionamento. Per quanto riguarda la Scozia, invece, oltre alla celeberrima Great Highland Bagpipe troviamo la Scottish Smallpipes, la Border Pipes (nota anche con i nomi di Lowland Pipes e Reel Pipes) e cornamuse sviluppate in tempi più recenti come l'Highland Musette e la Folk Pipes. 

Ma da dove arrivano tutte queste cornamuse? Beh, premesso che la loro storia è quantomeno nebulosa, per usare un eufemismo, possiamo dire con un certo margine di sicurezza che le forme più primitive di questi strumenti sembrano essere apparse per la prima volta tra i due e i tremila anni fa nel bacino del Mediterraneo, più precisamente in area mediorientale. I loro antenati vanno rintracciati in tempi più remoti nell'Antico Egitto e in altre culture a noi più vicine, come nel caso della civiltà nuragica sarda e della Grecia arcaica. Si trattava di flauti in canna dotati di ance semplici o doppie, suonati direttamente in bocca e quindi sprovvisti di sacca, che venne aggiunta secoli dopo dando origine alla prima cornamusa della storia. 

Anche nella Bibbia, nel libro del profeta Daniele, si parla di strumenti molto probabilmente simili. Si tratta di un testo scritto oltre cinquecento anni prima della nascita di Cristo, il cui autore menziona degli strumenti definiti con il termine aramaico "sumponyàh", tradotto con "zampogna" o "cornamusa" in molte versioni contemporanee (Cfr. Da 3:5, 10, 15).  

Secondo il racconto biblico questi strumenti venivano suonati alla corte di Nabucodonosor II, il noto sovrano babilonese che regnò all'incirca dal 634 al 562 a.C. Non avendo prova alcuna che si trattasse realmente di cornamuse è tuttavia più logico ritenere che fossero strumenti più o meno simili ai loro colleghi mediterranei. Da alcuni bassorilievi sappiamo infatti che i babilonesi suonavano flauti simili a quelli in uso in Egitto, mentre nelle stesse fonti non vi è traccia alcuna di eventuali cornamuse, nemmeno rudimentali.

Suonatrice di flauto egiziana. Strumenti musicali simili a questo vanno probabilmente annoverati tra gli antenati delle attuali cornamuse.

La prima cornamusa in senso stretto di cui abbiamo notizie certe compare invece durante l'Impero romano: si tratta della Tibia Utricularis, uno strumento che sembra essere stato suonato anche dall'imperatore Nerone. Sappiamo però che già i Romani ritenevano la loro cornamusa di origine greca o etrusca, quindi la nascita di questi strumenti risulta essere sicuramente precedente alla civiltà romana. In un processo durato alcuni secoli, forse aiutato anche dall'espansionismo romano, partendo dal bacino del Mediterraneo l'impiego delle cornamuse si estese a tutta l'Europa, a buona parte dell'Asia e al Nord Africa. 

Suonatori medievali di cornamusa e, più in alto, di flauti simili alle launeddas sarde. Queste immagini sono tratte dalle "Cantigas de Santa Maria", una raccolta di oltre 420 composizioni dedicate alla Madonna risalente al regno di Alfonso il Saggio (1221-1284). 

A questo punto desidero aprire un'importante parentesi, parlandovi dell'introduzione dei bordoni. Vi dico subito che non è per nulla chiaro quando si iniziò ad usarli. Essi sono infatti presenti nei flauti di molte culture dell'antichità, come ad esempio le launeddas sarde, di origine nuragica. Però, almeno stando alla "solita" iconografia, sembrano essere stati aggiunti alle cornamuse soltanto a partire dal Medioevo, il periodo di massima diffusione di questi strumenti. La cosa non deve stupirci più di tanto, dal momento che è interessante vedere come ancora oggi si trovino varie cornamuse sprovviste di bordoni sia in varie parti d'Europa che in Asia e Africa. 

Ma a cosa si deve la nascita della prima cornamusa? Chi ebbe l'idea di aggiungere una sacca in pelle animale a strumenti preesistenti? E soprattutto, perché lo fece? Sfortunatamente, lo avrete già intuito, il nome dell'inventore dei nostri amati strumenti è stato inghiottito dalle nebbie del tempo, e rimarrà ahimè ignoto nei secoli a venire. Naturalmente a meno che "Doc" Brown e Marty McFly non decidano di fare un salto in quell'epoca con la mitica DeLorean per fornirci delucidazioni in merito!

Fino ad allora dobbiamo accontentarci di ipotesi, e la più accreditata sostiene che l'aggiunta della sacca a flauti preesistenti sia stato un modo per evitare la tecnica della respirazione circolare, molto diffusa nel mondo antico ma che presentava una serie di problemi legati non solo alla sua difficoltà ma anche all'estetica, dal momento che alla lunga poteva deturpare il viso dell'esecutore, alterandone i tratti somatici.

Se volete farvi un'idea più precisa circa il funzionamento di questa tecnica potete cercare in rete dei video di suonatori di launeddas o di didgeridoo australiano, forse i due più noti strumenti ancora esistenti che usano costantemente la respirazione circolare. 

Bene, finora vi ho parlato dell'origine di tutte le cornamuse, ma cosa sappiamo invece riguardo la cornamusa scozzese, o per meglio dire la Great Highland Bagpipe per differenziarla dalle altre cornamuse nate in Scozia? Come indica il suo nome in inglese (quello in gaelico scozzese è Pìob Mhòr, cioè la "Grande Cornamusa"), si tratta della cornamusa originaria delle Highlands scozzesi, ed è sicuramente il tipo di cornamusa più diffuso al mondo, tanto da essere divenuta l'icona di tutte le cornamuse.

Anche in questo caso la sua origine si perde nella notte dei tempi. Stando ad alcuni storici le cornamuse sembrano essere giunte in Scozia al seguito dei Celti o dei Romani. Purtroppo per noi però non abbiamo nessuna prova circa la presenza di questi strumenti sul suolo scozzese in tempi così antichi. Il primo testo che ne parla chiaramente risale infatti al 1396 ed è un resoconto della battaglia di North Inch of Perth, uno scontro studiato a tavolino per porre fine a una disputa tra clan rivali. 

Una controversa leggenda del Clan Menzies vuole che i resti di una cornamusa oggi conservata al West Highland Museum di Fort William risalgano al 1314, anno della celebre battaglia di Bannockburn. Questo strumento sarebbe stato infatti suonato durante la battaglia da un MacIntyre, all'epoca la famiglia di piper ereditari del Clan Menzies. Si tratta di uno strumento molto diverso rispetto alle Great Highland Bagpipes attuali, per giunta in buona parte ricostruito con porzioni recenti per dargli un aspetto completo. Una curiosità: secondo la leggenda questa cornamusa sarebbe addirittura fatata, motivo per cui non sarebbe mai stata suonata in battaglia dalla parte dei perdenti. Leggende, appunto, per quanto suggestive e magari con al loro interno un frammento di verità. Vatti però a sapere qual è, questa verità, a distanza di così tanto tempo e in mancanza di qualsivoglia evidenza...

Per avere una prova un po' più solida riguardo la presenza di cornamuse in Scozia in epoca medievale bisogna fare un salto temporale fino alla metà del XV secolo. In questo periodo venne costruita la celeberrima Rosslyn Chapel, al cui interno, sul capitello di una colonna, è scolpita la figura di un angelo che suona una cornamusa dotata di un solo bordone, quindi molto diversa dagli strumenti attuali. Comunque, va detto che fino al XVII secolo anche le fonti iconografiche sono sia scarse che scarne. Le pochissime cose che riusciamo a ricavare da loro riguardano principalmente la struttura dello strumento, che fino alla metà del XVII secolo presentava un solo bordone. Il secondo bordone sembra essere stato aggiunto nella seconda metà del XVII secolo mentre pochi decenni dopo, agli inizi del XVIII secolo, venne introdotto il terzo, dando allo strumento un aspetto più o meno simile a quello attuale.

Riguardo il periodo precedente il XVII secolo, oltre alla forma dello strumento sappiamo solo che ogni capoclan aveva alle proprie dipendenze uno o più piper professionisti, il cui compito era quello di accompagnare musicalmente ogni momento della vita del clan. Questo ruolo, che di fatto era un vero e proprio titolo al punto che il piper era secondo soltanto al capoclan nella scala gerarchica, era spesso ereditario. Si ebbero così varie dinastie di piper, come ad esempio i MacCrimmon del Clan MacLeod of Skye, che ebbero un ruolo fondamentale nello sviluppo della musica per cornamusa almeno a partire dal XVII secolo, mentre altre importanti dinastie furono i MacArthur del Clan MacDonald of Sleat, i MacGregor del Clan Campbell of Glenlyon e i Rankins del Clan MacLeans of Coll, Duart and Mull. 

A partire dal 1746, anno della tragica disfatta dell'esercito giacobita sul campo di battaglia di Culloden Moor, gli inglesi vietarono agli scozzesi di far uso di qualunque cosa riguardasse la loro identità nazionale. Si trattò dell'inizio della fine per l'antico sistema dei clan: vennero banditi il tartan e il kilt, fu vietato portare armi e, seppure non in via ufficiale, anche la cornamusa pagò le conseguenze della ribellione. Fu infatti permesso mantenere dei piper in servizio attivo solamente ai reggimenti scozzesi inquadrati nell'esercito britannico. 

Il campo di battaglia di Culloden Moor

Il luogo su cui sorgeva il Rough Castle Fort e, qui sotto, il pannello illustrativo che tra le altre cose ricorda anche la competizione del 1781.

La situazione durò fino al 1781, quando, grazie all'enorme impegno della Highland Society of London, si poté organizzare di nuovo una competizione legale per cornamusa presso il Rough Castle Fort, situato vicino a Falkirk e un tempo poderoso forte romano lungo il Vallo di Antonino, sebbene oggi non rimanga altro che non siano i terrapieni. Malgrado la competizione del 1781, il bando venne annullato ufficialmente soltanto a luglio del 1782.

Da allora la Great Highland Bagpipe si diffuse sempre di più. Fiorirono numerose scuole non solo civili ma anche militari, dal momento che prese sempre più piede all'interno dell'esercito britannico. Grazie alla politica coloniale britannica la nostra cornamusa, al seguito dell'esercito di Sua Maestà, venne esportata in mezzo mondo, dall'America all'Asia, dall'Oceania all'Africa, raggiungendo un po' alla volta l'ampia diffusione che ancora oggi la caratterizza. 

Verso la metà del XIX secolo, per volontà della regina Vittoria che era notoriamente molto più che innamorata della Scozia, vennero create le prime pipe band, nate in ambiente militare ma presto assimilate anche dalla società civile. A partire dal 1843 Vittoria volle per sé anche un piper personale, una tradizione che continua ancora ai giorni nostri, dal momento che anche i moderni sovrani hanno alle proprie dipendenze un piper personale. 

Si tratta del cosiddetto "Piper to the Sovereign" o "Queen's/King's Piper", nome che cambia in base al fatto che sul trono sieda un re oppure una regina, ed è il più alto incarico che possa essere assegnato a un piper in servizio nelle forze armate. Il suo compito è in pratica quello di dare il buongiorno a suon di musica al sovrano o alla sovrana di turno, con un'esibizione di circa quindici minuti a partire dalle nove in punto sotto le finestre dei regnanti. Chissà che soddisfazione deve essere assicurarsi che le teste coronate siano ben sveglie, rinfrescando le regali orecchie (ogni riferimento alle caratteristiche fisiche dell'attuale monarca è puramente casuale, non sono così cattivo...) con la "cornetta", come chiamo affettuosamente la cornamusa!!! 

Ma torniamo alla storia dello strumento, arrivando al XX secolo. Passato il periodo dei due conflitti mondiali, particolarmente duro per i piper inquadrati nell'esercito (nel solo primo conflitto morì quasi la metà dei piper in servizio), per il resto del Novecento lo strumento subì una grossa trasformazione che ne cambiò molte caratteristiche. L'accordatura, con un processo di miglioramento durato decenni e ancora in corso, divenne molto più stabile, mentre il "pitch" (intonazione) venne alzato sempre più, fino ad arrivare agli standard attuali.

In generale tutto lo strumento divenne più facile da gestire, grazie all'introduzione di numerose innovazioni quali ad esempio i chanter in materiale plastico (più stabile del legno), le ance sintetiche per i bordoni e le sacche ibride o sintetiche, i vari sistemi per il controllo dell'umidità, valvole più performanti rispetto alle tradizionali e via dicendo, con una serie quasi infinita di prodotti più o meno importanti volti a migliorare la gestione di uno strumento che rimane comunque tra i più complessi da gestire correttamente. 

Personalmente trovo però che la cornamusa scozzese sia anche tra gli strumenti più in rapida evoluzione e per il quale vengono investiti più tempo, soldi ed energie, alla ricerca di soluzioni sempre nuove volte a semplificare la vita dell'esecutore. La prova? Fate un giro sul nostro sito e vedrete quanti prodotti ruotano intorno a questo strumento, tenendo presente che ciò che offriamo noi è solo una selezione degli articoli che riteniamo più meritevoli in termini di qualità ed effettiva utilità. Dalla nostra ventennale esperienza abbiamo infatti imparato che non sempre i prodotti introdotti sul mercato valgono la spesa, e spesso si trasformano rapidamente in uno spreco di soldi. Ecco perché selezioniamo attentamente ciò che vi proponiamo, ricordando sempre che la cornamusa scozzese è sì, come abbiamo visto, uno strumento che viene da un tempo lontano, ma che è anche profondamente proiettata verso il futuro. Per cui ben vengano le innovazioni, a patto però che meritino veramente!  

La cornamusa appartenuta a James Cleland Richardson (in grande nella foto qui sotto), un soldato ed eroe di guerra originario della Columbia Britannica che cadde in combattimento in Francia nel 1916 durante la Battaglia della Somme, a soli vent'anni di età. 

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